28 giugno 2015
Ho seguito per alcuni anni un blog che mi piaceva tantissimo, soprattutto perchè chi lo teneva, oltre a foto molto belle, faceva un bellissimo lavoro di ricerca sulla cucina del suo territorio.
Nello scambio di informazioni e chiacchiere mi ero impegnata a cercare, nella tradizione reggiana, qualche piatto a base di farina di frumentone (mais) che, in qualche modo, rendesse l’idea della cucina contadina della mia zona.
Il blog della mia carissima amica virtuale è stato chiuso, ma la mia ricerca è continuata.
Grazie alle informazioni del mio libraio Guido, ho trovato delle belle pubblicazioni del dott. Giuliano Bagnoli, che ha fatto un lavoro encomiabile, raccogliendo ricette contadine, catalogandole e pubblicandole ad uso e consumo di noi aspiranti.
Da uno dei suoi libri, ho tratto la ricetta di un piatto che era in uso nel nostro Appennino reggiano.
In casa mia, mia mamma non l’ha mai preparato, ma il risultato è stato davvero gradito.
Ingredienti:
- 300 g di farina di mais mezzo lusso (da noi usa così, non è fioretto, non è bramata, è una mezza via)
- 1200 g di acqua
- un cucchiaino di sale grosso
- 3 cipollotti con le foglie
- uno spicchietto di aglio
- 50 g di lardo macinato
- olio evo
- sale fino
- un bicchiere di latte
- 2 uova
- 4 cucchiaiate di parmigiano-reggiano grattugiato
Preparate una polenta versando la farina a pioggia nell’acqua bollente salata.
Rigirate costantemente la polenta e, nel frattempo, tagliate i cipollotti e le loro foglie e rondelle fini. I cipollotti in questione devono essere grandi come un pollice, come usava ai tempi di questa preparazione. In alterativa usate le foglie di tre e il bulbo di uno.
Fate fondere i due terzi del lardo in una padella oliata, unite il cipollotto e le foglie e l’aglio finemente tritato, salate e fate soffriggere dolcemente.
In una terrina sbattete il latte con le uova e il parmigiano-reggiano.
Quando la polenta sarà cotta (dopo circa mezz’ora) versate il soffritto di cipollotto e la crema di latte e uova nella pentola e mescolate energicamente.
Versate questo composto in uno stampo (sòl) di ciraca 26 cm di diametro.
Sbriciolate sulla superficie un po’ di lardo macinato e fate cuocere in forno per 50-60 minuti a 200° C.
Sfornate e servite nel sòl.
Note:
Quel che avanza è buonissimo tagliato a fettine e fritto nello strutto o in olio bollente.
Questa cosa é fantastica! È una ricerca alla quale spesso ho pensato e, soprattutto, trascrivere le ricette del proprio territorio su internet è utilissimo per conservarne la memoria
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Grazie! Mi auguro che ci sarà dell’altro!
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al di là del piatto, complimenti per la ricerca che hai fatto, molto interessante ! buon proseguimento di domenica
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Grazie! La ricerca l’ha fatta il dottor Bagnoli, io ho attinto.
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Ok…però sei andata a caccia di informazioni…..
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Si, questo si.
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Ciao Simona, splendida ricetta, appena ci sarà la nuova farina di mais della mia zona proverò ad interpretarla alla “friulana”, anche se il sòl non ce l’ho 😉 Buona domenica ❤
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Ciao Libera. Il sòl non ce l’ho neanche io, chi mi farebbe cucinare in un tegame di rame? 🙂 Buona serata!
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Beh, io ho 2 pentole di rame, in uno amo fare i risotti, l’altra l’ho adoperata per fare lo schmarren ed è perfetta per le frittate al forno: unico neo, pulirle 😉 anche se, non so come mai, la padella rimane lucida, boh. oggi ho sentito in tv che è permesso fare i formaggi col latte in polvere… Che vergogna, e dopo aver visto report che “raccontava” le nuove norme di tutela della piadina e l’aceto balsamico, sono ancora più convinta di aver fatto bene ad essermi allontanata dal mondo del “fud” 😀
Una bella domenica sera a te e ai tuoi fotografi ❤
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E io ho appena letto un articolo sulla crisi del Parmigiano reggiano. Una tristezza altro che expo!
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Mi hanno riferito che la maggior parte delle “foodblogger” sono entusiaste di questo “evento”: da molta visibilità e sai che la visibilità nutre i blog e l’expo nutre le panze degli organizzatori 😀 un bacio e scusa il tono polemico 😉 ❤
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Io vorrei non dover seguire le regole del profitto. Questa giostra dell’inutilità all’insegna del rispetto e del non spreco mi sembra una contraddizione ridicola. Ma sono una poco emancipata!
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Bella: una delle tante interpretazioni regionali di polenta concia.
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Si, ne ho trovata qualcun’altra oltre ai “manein” che faceva mia mamma. Però pare che arrivi il caldo! Penso che rinvierò 🙂
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graie per averci fatto conoscere questo piatto della tradizione!
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Grazie a te. Spero di poter condividere presto qualche altro piatto della nostra cultura contadina.
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