9 febbraio 2016
Credo che nella vita di tutti noi ci sia stata almeno una Rina.
Al centro-nord di sicuro.
Io di Rine ne conosco e ne he ho conosciute molte, ma quando dico “la Rina” mi riferisco sempre e solo a una persona, la “Rina Niculèina”.
Questa Rina, più anziana di mia mamma e mancata ormai da tempo, era stata mondina e cantava nei cori le canzoni delle sua prima giovinezza.
Sapeva a memoria e in ordine alfabetico tutti i comuni della provincia di Reggio e si dedicava al volontariato con l’AVO e al centro sociale.
Prima partigiana e poi attivista dell’UDI si era battuta per i diritti delle donne.
Aveva ospitato una bimba napoletana, una di quelle dei “treni della felicità”, con cui è rimasta in contatto fino alla morte.
Ma aveva ospitato nella sua casa anche i miei genitori, che si trovavano disagiati nella casa cantierata.
Una Rina policitizzata che amava anche cucinare.
Questa ricetta, o meglio, questo modo di cucinare le puntine, me l’ha suggerito una mattina dal fornaio.
E ricordo ancora quando mi disse: “la mè cùnsa l’è acsè”, spiegandomi cosa mettere nella concia, senza presunzione o saccenza, semplicemente. La mia concia è così.
Un semplice piatto reggiano che ha sempre il suo meritato successo.
Ingredienti:
- 1 kg di puntine di maiale
- una carota
- una cipolla
- una costolina di sedano
- concia casalinga
- mezzo bicchiere di lambrusco
- un bicchiere di brodo
- farina
- olio evo
- un cucchiaio di burro
- sale
Qualche ora prima di cucinare mettete in concia le puntine.
Riprendetele e, senza ripulirle, infarinatele e fatele rosolare in padella con olio e burro.
Sfumate col vino, quindi bagnate col brodo.
Se occorre, aggiustate di sale.
Preparate un battuto con le verdure e unitele alle puntine, mescolate e incoperchiate.
Fate cuocere per almeno un’ora a fiamma bassa rigirando spesso.
A fine cottura eliminate il coperchio e fate restringere il fondo.
Servite le puntine calde con la polenta o con purè di patate.
Chiedo venia, sarà che sono a letto con 38 di febbre, ma non ho capito quali ingredienti servono x la concia 🙂
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Auguri di pronta guarigione. Anche io sono ammalata, ma non grave da restare a letto!
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Anche qui in Sardegna il diminutivo Rina o Rino è diffuso. Posso vantare dei parenti lontani che si chiamavano così.
Le puntine invece sono poco usate e la concia.. bhè, semplicemente non esitste.
Ma si possono risolvere entrambi i problemi grazie al tuo blog!
🙂
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😀 Le puntine (o costine) sono molto diffuse da quando la macellazione è diventata un’industria. Prima tutta la carne finiva negli insaccati e restavano giusto le ossa da bollire. Insomma dal dopoguerra.
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Anche nella mia vita c’è stata una Rina: “zia Rina” ma non era mia zia era la zia di un mio moroso: ogni domenica andavamo a pranzo da lei, zitella che viveva con la madre (nonna Flora di cui avevo parlato dall’altra parte) ed un fratello, zitello anche lui. Ho memoria di pranzi straordinari, immersa in un’atmosfera di altri tempi, quelli con le tovaglie candide, il servizio buono ed i bicchieri di cristallo, peccato che poi il moroso mi abbuia fatto le “corna” con la dirimpettaia che lo osservava dalla finestra mentre stirava ma, si sa, gli uomini… 😀
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Bè, a volte anche le donne! Non ho capito se era lui che stirava, altrimenti capisco la concupiscenza della dirimpettataia!
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No, era lei 😀
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Spero che almeno abbia bruciato qualcosa!
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Io la chiamavo “provolino”, glli assomigliava 😀
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Mia figlia li chiama provoloni/e
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Provolino era https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwiJqOyDwOrKAhVFDJoKHW3iBNEQjRwIBw&url=http%3A%2F%2Fwww.animamia.net%2Fil-personaggio-di-provolino%2F&psig=AFQjCNGAvWcKSv1BY3Zrne0fMedz4NCdKA&ust=1455101058289252
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Me lo ricordavo. Sprattutto ricordo la canzoncina che lo introduceva!
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Che aspetto favoloso!
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grazie
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Ricordo la carissima zia Rina, che veniva dalla svizzera, e mentre si abbuffava di passatelli ci parlava dei cibi caratteristici del paese dove era migrata… Bando alle ciance nostalgiche sono davvero spettacolari queste puntine!
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Lo so che tutti ricordiamo una Rina! Puntine davvero buone!
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Che donna meravigliosa! Avrei voluto conoscere una persona del genere! Al mio paese ci sono solo le attiviste cattoliche che tengono le ricette (manco di famiglia, anche quelle prese dai giornali) con le unghie e con i denti, manco se le fossero inventate loro!
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Sarà stato il comunismo?
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Uhm, chissà! La Russia e la Cina non son (state) tanto tranquille
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Se lo dici tu che sei esperta di Cina… Ma negli anni 50 era un’utopia.
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Sicuramente! Anche lo spirito di una persona che crede fermamente in quell’idea però influisce
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E non ti dico quanto ci hanno creduto
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Immagino
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Buone!!!! devo provarle a fare in questo modo!
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Non saranno light, ma sono gustose!
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Ogni tanto bisogna trasgredire….
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Nevvero?
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😁😁😁
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Quando vengo da te mi fai sempre venire fame Simona,buone cucinate in questo modo.Anche io ho una zia Rina 🙂
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Grazie Lory. Se fossi informatizzata lancerei un hashtag #Rina, per vedere quante ne conosciamo!
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Sicuramente un bel botto!!
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😀
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Una bella storia. E’ importante non dimenticare 🙂
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Vero. Pensa quanto erano schive queste persone. Io ho appreso dei treni della felicità quando avevo 40 anni eppure in Emilia erano stati accolti tanti bimbi.
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Vero, e non solo in Emilia
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Cavolo si che c’era una Rina quando ero piccola!!! Andava in giro con una medaglia da partigiana nel portamonete! Cantava una canzoncina del periodo e aveva un bagaglio di storie affascinanti che raccontava, con una favella che non finiva mai. Si chiamava Edvige, vedova da anni, ha lavorato fin da bambina ed è finita in Sardegna non ricordo come, seguendo il marito. A dire il vero la sua cucina era l’unico aspetto che non mi aveva colpita, ma forse perché alla fine era una donna profondamente sola e i suoi pasti erano frugali!
Buoone queste puntine!!!
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Buoonissime!
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Bella storia e bella ricetta. Vorrei fare una versione sottovuoto 🙂
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Penso che verranno bene!
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